La tragedia mineraria di Ribolla del 4 maggio 1954 è uno dei più gravi disastri del lavoro dell’Italia del dopoguerra. La mattina del 4 maggio 1954, nella miniera di lignite della Montecatini a Ribolla presso Grosseto, si verificarono due esplosioni di grisou nel pozzo “Camorra sud”. Le esplosioni furono di una violenza devastante: 43 minatori persero la vita.
La tragedia avvenne mentre si stava cercando di spegnere un incendio nella miniera; la combinazione del calore dell’incendio con il grisou e l’attivazione di un sistema di ventilazione inadeguato provocò l’esplosione. Molti minatori morirono per le ustioni e i traumi da scoppio, mentre altri, rimasti intrappolati in un “fondo cieco”, furono asfissiati dall’ossido di carbonio.
Il disastro di Ribolla divenne un simbolo delle morti sul lavoro e delle condizioni precarie in cui operavano i minatori e la miniera di Ribolla fu definitivamente chiusa nel 1959.
Pubblichiamo qui un testo dello scrittore Paolo Barbaro
La mattina del tre maggio la festa era finita, e allora sotto a levare lignite. Si erano riposati abbastanza o no, questi pelandroni?
Eppure il caposquadra aveva fatto storie: diceva che dopo due giorni senza ventilazione, giù sotto, era pericoloso scendere, bisognava aspettare altre ventiquattro ore, far tirare l’aspiratore a vuoto, perché si scaricassero i gas di accumulo. Insomma pur di non lavorare qualunque pretesto era buono. L’aspiratore nuovo, i gas di accumulo, i fuochi alla discenderia 32 – come se i fuochi non ci fossero sempre, in un banco di lignite.
Stavolta era stufo: meno storie, disse ai capisquadra, mandate cinque uomini della squadra antincendio a spegnere i fuochi, ma intanto sotto anche la prima gita.
La mattina del giorno dopo la miniera esplose.
Queste righe, immaginando il punto di vista del Nuovo Ispettore delle miniere di Ribolla, tratte da “La vita agra”, da molti indicato come il primo romanzo della contestazione, le scriveva Luciano Bianciardi nel 1962.
L’arco di tempo tra il peggior disastro minerario (42 le vittime, ma quella miniera si era già divorata, dalla sua apertura, 200 lavoratori) in Italia nel secondo dopoguerra, nel maggio del 1954, e il 1962, corrisponde alla fase “eroica” del boom economico, che mostrava da subito il suo lato nascosto e feroce.
A Ribolla arrivarono giornalisti e fotoreporter, molti stavano riprendendo manovre militari sul Tirreno. Fino al pomeriggio le gallerie sono impraticabili, mancano i respiratori, solo alle 17 sono estratti i primi corpi.
L’operatore della Publifoto di Roma arriva che è già scuro, le due centinaia di scatti (Rolleiflex con la torcia flash, l’armamentario dei Paparazzi) cercano i momenti, le figure di quella tragedia. L’operaio che legge un comunicato, l’affannarsi attorno ai pozzi con gli autorespiratori appena arrivati, poi le bare allineate nel cinematografo, i volti tesi. Per costruire quella sala i minatori avevano devoluto una giornata di lavoro. Mancano – e pare siano introvabili – foto dentro la chiesa durante i funerali, forse troppo accalcata per entrare con le camere. La sequenza di questi negativi, parte degli oltre due milioni di immagini dell’ Archivio Publifoto/Roma, è conservata negli archivi della Sezione Fotografia del CSAC.
Manca il nome del fotografo, l’agenzia utilizzerà liberamente quelle immagini di un suo stipendiato.
Publifoto è la voce dell’ufficialità, le immagini merce di peso anche politico, da giocare con attenzione. Ma in questa sequenza vediamo, dietro alla proverbiale accuratezza tecnica Publifoto, lo smarrimento dell’autore. Non riuscire a trovare un filo, una logica narrativa univoca. Il processo alla proprietà, la Montecatini, sarà spostato da Firenze a Verona, per evitare disordini. Le famiglie delle vittime, spesso rimaste senza reddito, ricevono qualche indennizzo. Nessuno sarà condannato. Morire di lavoro solo una fatalità, la logica, i motivi, le responsabilità, anche quelle ancora da trovare. Non solo in quell’angolo di Toscana.
Paolo Barbaro, luglio 2025
Queste fotografie saranno esposte alla manifestazione “Montecchio Fotografia – La luce scritta” ideata e curata da Antonella Pizzamiglio insieme a Barbara Sereni ed Enzo Crispino. La location è lo splendido Castello medievale di Montecchio Emilia dove, al piano terra saranno esposti 10 progetti fotografici di autori italiani e di altri paesi ciascuno con otto fotografie, tutte stampate fineart su carte Canson Infinity.
Quest’anno la manifestazione ha avuto da parte dello CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma- la concessione di utilizzo e stampa di immagini appartenenti all’archivio Publifoto/Roma della tragedia mineraria di Ribolla 1954.
Antonella Pizzamiglio ha fatto un minuzioso lavoro di pulizia dei file per dar loro una nuova luce e li ha stampati su carta Canson Baryta Prestige II.
Montecchio Fotografia ospiterà anche la mostra di 10 autori dal 20 Settembre al 28 Ottobre con presentazione a cura del critico d’arte Sandro Parmiggiani
Le mostre saranno ospitate nel Castello Medioevale di Montecchio Emilia, Sala della Rocca:
Manifestazione è a cura di Enzo Crispino con la collaborazione di Antonella Pizzamiglio e Barbara Sereni
Info e prenotazioni: tel. 0522 861864 biblioteca@comune.montecchio-emilia.re.it www.comune.montecchio-emilia.re.it