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Fotografia.it

L’esperto risponde – Intelligenza artificiale: ha ancora senso acquistare una Full Frame?

L’intelligenza artificiale risolve molti problemi di rumore, ma c’è dell’altro. E chi dice che questi progressi non si trasferiscano nel Full Frame?

Redazione fotografia.it | 9 Giugno 2024
esperto-risponde-fotocamere

Ho letto con grande interesse la prova di Dario Bonazza della Lumix G9 II, e mi sono soffermato soprattutto sul passaggio dove spiega come le nuove funzioni AI di Photoshop rimettano in gioco i piccoli formati. Non disponendo dell’ultima versione di Photoshop, né di una macchina di piccolo formato, non posso verificare da me, per cui vi chiedo: ma davvero siamo al punto che non c’è più differenza tra un formato grande e uno piccolo?
– Alvise

Dire che non si noti più la differenza tra i formati è eccessivo e va oltre a quanto ho sostenuto in quell’articolo. Anche perché le differenze tra i formati non toccano solo il rapporto segnale/disturbo, ma possono interessare anche la gamma dinamica, per non parlare delle diverse profondità di campo.

Tuttavia, è indubbio che le nuove funzioni AI di Photoshop (non solo quella di riduzione del rumore) segnino una svolta epocale nel trattamento delle immagini. Del resto, è quello che ci aspettavamo da tempo, no? Quante volte abbiamo detto che è stupefacente la resa fotografica di certi smartphone, quando i piccolissimi sensori montati sulle fotocamere compatte erano ben lontani dal competere con le macchine serie? Sensori che invece sui telefonini di fascia alta sembrano fare miracoli.

Quante volte abbiamo detto che certe prestazioni nel trattamento dei dati immagine dovrebbero arrivare anche nel campo prettamente fotografico anziché rimanere confinate agli smartphone? Ecco, adesso ci siamo. Però questo non significa che i sensori grandi non possano fare enormi salti di qualità, ripristinando la distanza con i telefonini, come forse tutti un po’ ci aspettavamo.

I miglioramenti nel rumore dovuti all’intelligenza artificiale sono grandi solo se il rumore era alto, mentre sono molto meno evidenti se il file era già buono. Insomma, se c’è poco da correggere, poco verrà corretto. Ecco perché la fotografia computazionale è tanto più utile quanto più il sensore è piccolo e problematico.

Con una certa approssimazione, potremmo dire che l’intelligenza artificiale prende l’immagine di partenza, ne analizza i difetti e li corregge per produrre un’immagine piacevole. Se i difetti dell’immagine derivano dai limiti tecnici del sistema di acquisizione (ad esempio uno sfavorevole rapporto segnale/disturbo), allora sì che l’immagine corretta non è solo più gradevole, ma anche più reale di quella non corretta.

È quello che si nota con riprese in luce scarsa e trattamento con Camera Raw aggiornato. Se i “difetti” sono nella scena (come una giornata di nebbia), una correzione capace di produrre un’immagine limpida e vivace darebbe sì una scena piacevole, forse anche plausibile, ma non corrispondente alla realtà. Questo secondo caso è quello che spesso notiamo negli smartphone quando producono foto squillanti e certamente piacevoli, ma non fedeli alla realtà.

Comunque, escludendo questo caso, che pure è interessante e solleva tanti dubbi anche etici, torniamo al cuore della sua domanda. La risposta è che i miglioramenti dell’intelligenza artificiale sono tanto più tangibili quanto più l’immagine di partenza è critica, per cui la resa dei sensori di diversi formati si avvicina molto.

Nonpossiamo dire che i risultati finali siano sempre del tutto indistinguibili, ma questo può dipendere anche dall’occhio più o meno allenato del fotografo. Probabilmente sono indistinguibili per una persona comune, non troppo smaliziata dal lato fotografico.


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