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Kristen McMenamy © Rohn Meijer

La metamorfosi delle top model

I ritratti delle donne più belle della moda trasformati dal passaggio del tempo e dai processi fotografici. La mostra Metamorphic Dreams di Rohn Meijer ci invita ad apprezzare l’impermanenza delle immagini fotografiche e l’intervento della casualità.

Enzo Dal Verme | 15 Aprile 2024

Siamo abituati a considerare una fotografia come qualcosa di immutabile, un istante fissato nel tempo. Eppure quell’istante è inesorabilmente destinato a trasformarsi insieme al suo supporto che, negli anni, si deteriora.

L’anno scorso se n’era occupato Joan Fontcuberta, invitato dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma a realizzare un progetto con le fotografie delle collezioni storiche dell’archivio. Il risultato fu una mostra che invitava i visitatori a riflettere sulla temporaneità delle immagini e sul fascino della decomposizione dei loro supporti.

Molto prima di Fontcuberta, circa venti anni fa, il deterioramento delle fotografie aveva già incuriosito il fotografo olandese-americano Rohn Meijer. L’occasione era stata molto più banale dell’invito di una prestigiosa istituzione. Rohn aveva trovato in cantina delle diapositive scattate negli anni ’80 e ’90 e si era accorto che il tempo e l’umidità le avevano danneggiate. ”Subito mi sarei messo a piangere per il dispiacere”, racconta, “le mie prime foto erano irriconoscibili! Però, guardandole meglio, riuscì a vedere la bellezza nella distruzione. C’era qualcosa di quasi pittorico in quelle immagini. Qualcosa di davvero interessante. Anzi, mi sembrarono bellissime! Il tempo aveva modificato i colori e le forme originali creando qualcosa di nuovo e imprevedibile. Che cosa sarebbe successo se io stesso avessi aiutato i processi di deterioramento lasciando intaccare le mie vecchie fotografie da prodotti chimici?” 

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Claudia Shiffer © Rohn Meijer

Dal giorno di quella prima intuizione seguirono molti esperimenti e – a poco a poco – prese forma la serie di immagini che è ora in mostra a Iseo fino al 28 Aprile. In realtà, cinque delle sedici grandi stampe fotografiche erano già state esposte in Italia e in Germania, ma la maggior parte delle opere della mostra sono il frutto di nuovi esperimenti. Tutti rigorosamente eseguiti su scatti dell’era delle Top Model.

Rohn Meijer è nato ad Amsterdam e quando aveva sei anni si trasferì con la famiglia a Los Angeles dove è cresciuto. A 22 anni gli venne voglia di tornare ad Amsterdam per studiare ceramica alla Gerrit Rietveld Academy e quella fu la sua prima identità professionale. Ma il futuro aveva in serbo altro per lui. In seguito ad un incontro col fotografo di moda Jan Francis, scoprì la sua passione per la fotografia. Quando nel 1984 si trasferì a Milano, bussò ogni porta dell’effervescente scena della moda proponendosi come fotografo. Il suo primo cliente fu Franco Moschino che gli commissionò alcune campagne, poi Gianni Versace e numerosi altri stilisti tra cui Dsquared e Trussardi. Le sue foto sono state pubblicate dalle principali riviste di moda e, negli anni ’90, si rivelò uno dei fotografi più richiesti per i backstage delle principali sfilate di moda. 

Il suo obiettivo ha documentato l’era delle top model, catturando le giovanissime Cindy Crawford, Kate Moss, Carla Bruni, Linda Evangelista, Christy Turlington, Helena Christensen, Claudia Schiffer, Naomi Campbell.

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Naomi Campbell © Rohn Meijer

Quei reportage realizzati dietro le quinte delle sfilate di Milano, Parigi e New York, oggi rappresentano una importante documentazione dell’atmosfera edonista e spensierata degli anni in cui la creatività degli stilisti trionfava. Anni di grandi innovazioni e sperimentazioni, ancora libere dalle multinazionali della moda. “Le foto che ho scattato sono davvero tante e l’idea di dare loro una nuova vita mi sta appassionando”, spiega.


L’intervento con i prodotti chimici viene fatto sugli originali?

“Certamente, intervengo proprio sugli originali. Prima, però, faccio una scansione e poi inizio i procedimenti che deterioreranno le pellicole e le diapositive in modo casuale. Chiudo gli originali in delle scatole con dei prodotti chimici e le lascio – per così dire – cuocere. Adesso, per esempio, ho una scatola chiusa da sei mesi, altre sono rimaste sigillate per più di un anno.”

È importante che siano sigillate?

“È importante che siano al buio perché i sali d’argento liberano i colori che contiene la pellicola. Si tratta di una specie di auto-sviluppo imprevedibile.”

È stato difficile rendere in stampa le immagini in decomposizione?

“Abbastanza, perché quando le pellicole sono state trasformate dagli agenti chimici (o dal tempo e dall’umidità), diventano estremamente fragili. Io faccio una scansione e poi intervengo regolando i livelli, il contrasto, la saturazione… quello che si fa normalmente. Però, in questo caso, non si tratta di una immagine puramente fotografica e l’impatto è più pittorico. Quando sono soddisfatto di quello che vedo sul monitor, si passa alla fase finale che è molto importante. L’ultima mostra è stata stampata dal laboratorio Unimaginable di Milano con cui mi trovo in grande sintonia.”

Le tue foto delle top model sono state esposte anche senza il processo di deteriorazione nella serie Dreamgirls. Sono immagini con dei colori molto particolari. Puoi dirci qualcosa sui procedimenti che hai usato?

“Scattavo in pellicola aumentando l’esposizione di 2 stop e poi facevo sviluppare coi bagni E6 (normalmente utilizzati per sviluppare le diapositive) anziché in C41. Per lo sviluppo chiedevo al laboratorio un aumento di 3 stop. È una tecnica che si chiama cross processing.”

Utilizzavi dei flash?

“Lavoravo sempre al massimo di apertura e mi aiutavo con una piccola luce video alimentata da una batteria fissata alla mia cintura (che fatica avere quel peso per tante ore!).”

Come mai così tanti ritratti?

“Scattavo principalmente per due riviste – Moda e Marie Claire – e loro volevano delle foto di bellezza. C’erano altri fotografi per gli abiti, io avevo il compito di cogliere le espressioni spontanee delle protagoniste delle sfilate. A volte anche dei modelli – come il leggendario Mark Vanderloo – o degli stilisti, ma principalmente delle ragazze prima o dopo la passerella.”

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Mark Vanderloo © Rohn Meijer

Eri bene accetto dietro le quinte?

“In quell’epoca le modelle si cambiavano in continuazione (oggi è diverso, si tende ad utilizzare più ragazze). Un uomo nei camerini avrebbe potuto causare qualche imbarazzo. Però mi conoscevano e ad ogni stagione regalavo alle modelle dei piccoli ritratti stampati scattati durante la stagione precedente. Questa attenzione nei loro confronti mi aiutava a conquistare la loro fiducia. Vedevano i risultati, apprezzavano e si facevano fotografare volentieri.”

C’è un episodio particolare di quegli anni che ti fa piacere ricordare?

“Il mio incontro con Franco Moschino. Lui era all’inizio della sua carriera e io anche. Al mio appuntamento nel suo studio avevo portato un portfolio solo di foto a colori. Prima era stato visionato da un suo assistente e poi da lui. Mi offrirono subito la possibilità di fare una campagna… in bianco e nero! Ero felicissimo, ma anche preoccupato. Non avevo grande dimestichezza col bianco e nero. In ogni caso, tutto andò molto bene e mi offrirono altre collaborazioni.”

Tornando alla mostra in corso, qual è l’aspetto più importante delle opere esposte?

“Mi piace l’idea di potere dare una seconda vita alle fotografie scattate anni fa. È come se rinascessero. I volti bellissimi che ho immortalato, oggi vengono trasfigurati dalla corrosione e diventano pittorici.”



Rohn Meijer, Metamorphic Dreams
Galleria LK Design Studio
Via Campo 16, Iseo
Da venerdì a domenica 10:00-12:30 / 15:30-19:00
In mostra fino a 28 Aprile 2024


di: Enzo Dal Verme


Enzo Dal Verme
Enzo Dal Verme è un fotografo conosciuto per avere ritratto celebrità come Donatella Versace, Laetitia Casta, Marina Abramovic, Bianca Jagger, Wim Wenders. Le sue immagini sono state pubblicate da Vanity Fair, l'Uomo Vogue, The Times, Marie Claire, GQ e tante altre riviste. I reportage scattati da lui sono spesso legati ad iniziative sociali, come la serie di ritratti di Eroi Urbani realizzati in Asia, Europa, America, Africa e Medio Oriente. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla fotografia ha diretto la sua agenzia di comunicazione. Ha poi insegnato comunicazione all’Istituto Marangoni di Milano e Londra, allo IED di Milano, all’Ateneo Impresa di Roma e al Sole 24 Business School di Milano. Dal 2011 insegna i suoi fortunati workshop di ritratto nel corso dei quali gli studenti allenano la propria sensibilità ed esplorano il rapporto tra fotografo e soggetto. Collabora con la società olandese Science Of The Times per le ricerche sulle evoluzioni delle mentalità finalizzate all’innovazione nella comunicazione. Alla sua attività di fotografo commerciale, affianca una programmazione di mostre con i suoi lavori più personali. Enzo ha esposto in diverse gallerie in Italia e all’estero e in alcuni festival tra cui Alrles. Ha pubblicato negli Stati Uniti il libro Storytelling For Photojournalists e in Italia Marketing Per Fotografi. Pubblica regolarmente su Tutti Fotografi degli articoli di approfondimento sulla professione del fotografo. Ama il tofu ?
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