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La gestione del colore..indolore

Color correction, facciamola semplice: lo scatto

Se quando scatti ti entusiasmi, ma nelle fasi successive tendi a fare pasticci perché certi aspetti tecnici sono troppo noiosi da imparare, questo articolo è per te. È la prima di una serie di 3 puntate nelle quali troverai, spiegato in modo semplice e chiaro, come organizzare al meglio la gestione colore e la post-produzione delle tue foto ottimizzando il flusso di lavoro.

Enzo Dal Verme | 29 Maggio 2024

Quando – qualche mese fa – sono passato dal mio stampatore, l’ho trovato molto arrabbiato. Non con me per fortuna, ma con un fotografo piuttosto conosciuto che gli aveva portato una mostra da stampare. Tutte le foto avevano il profilo colore sbagliato, c’erano dominanti, mancava contrasto e lui stava cercando di mettere a posto una situazione piuttosto critica.

Come fa un professionista come questo”, continuava a ripetere, “a portarmi dei file che un dilettante avrebbe sistemato meglio?”

Per fortuna le foto che gli stavo portando erano a posto! Però, di sicuro, anche io non amo particolarmente occuparmi degli aspetti più tecnici della post-produzione. Ci sono cose che mi ha insegnato il mio stampatore e altre che ho imparato studiando. Sospetto che potrei fare di meglio e – quando parlo con i miei colleghi o con i miei studenti – ho l’impressione che molti di loro brancolino nel buio. 

Quali sono gli aspetti fondamentali a cui fare attenzione e come fare esattamente? Ho deciso di fare chiarezza e chiederlo a uno dei massimi esperti in Italia.

Gianluca Catzeddu è un consulente e formatore, si occupa di ottimizzazione del flusso di lavoro fotografico, gestione colore e post-produzione. Dal 2005 è Adobe Certified Expert per Photoshop e fa parte del gruppo di esperti ufficiali di Adobe Italia “Adobeguru”.

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Gianluca Catzeddu

Gianluca, tu lavori con aziende, agenzie pubblicitarie e fotografi. C’è una cosa che ti chiedono di risolvere più frequentemente?

I miei clienti si rivolgono a me per ogni tipo di problematica che riguarda il trattamento delle immagini. C’è, in effetti, una domanda ricorrente. Mi fanno vedere uno scatto e mi chiedono di riprodurre il suo sviluppo. Come si fa a ottenere quel risultato? Purtroppo non si può desumere da un’immagine finita tutto il procedimento che c’è dietro, ci sono troppe variabili: le condizioni di scatto, i software utilizzati per sviluppare, le impostazioni…

In questi casi, preferisco esaminare i diversi elementi che devono essere presi in considerazione, controlliamo insieme le dominanti, la saturazione, il contrasto… così il fotografo ha gli strumenti per sviluppare un proprio stile senza doverlo copiare da un’altra foto. Naturalmente bisogna vedere da dove si parte, per esempio: che profilo è stato usato sulla fotocamera?

Tu cosa consigli?

Dipende da quello che devi produrre. Se si scatta in RAW è inutile occuparsi del profilo colore (standard Adobe RGB / sRGB) perché quei profili servono per essere assegnati dalla macchina ai Jpeg. Scattando in RAW si deciderà che profilo assegnare al momento dello sviluppo, per esempio in Camera Raw. 

Chi scatta in Jpeg – in genere chi fotografa sport o attualità e deve essere molto veloce a consegnare le immagini – allora deve controllare accuratamente i settaggi e decidere in base all’utilizzo finale degli scatti: se saranno pubblicati solo online è meglio assegnare un profilo sRGB, se dovranno essere stampati è preferibile Adobe RGB. 

Attenzione: quando si scatta in RAW e si decide comunque di impostare nella macchina fotografica parametri come contrasto, saturazione o nitidezza, è importante sviluppare il RAW unicamente con il software proprietario (cioè quello del brand della propria macchina fotografica), altrimenti le informazioni spariscono. 

Che cosa si intende con “gestione colore”?

Il termine gestione colore indica quell’ambito in cui l’applicazione di un tag cromatico identifica in quale spazio viene costruita quell’immagine. Si tratta di piccole aggiunte ai file (che sono appunto i profili colore) che ne descrivono lo spazio di utilizzo.

Tutto chiaro… per chi conosce già un po’ l’argomento. Semplificando al massimo per i neofiti?

Immagina che io decida di colorare un’immagine da un libro apposta e usi le matite Giotto nella scatola da 64 colori. Quando ho finito, faccio vedere cosa ho fatto a un mio amico che va subito in edicola a comprare lo stesso libro da colorare. Qual è l’informazione che devo dargli per permettergli di ottenere lo stesso risultato? Che bisogna usare i colori Giotto nella scatola da 64. Per il vestito di Babbo Natale ho usato il rosso 47, per il sole ho usato il giallo 22, eccetera. Se lui ha lo stesso libro e le matite della stessa marca, cercherà il rosso 47 e sarà in grado di colorare il disegno come ho fatto io. Il profilo colore è la scatola di matite che ha determinate caratteristiche. La descrizione del colore, se io non te la dico, tu non sei in grado di riprodurre il colore come il mio.

Che set di matite consigli di preferire?

Dipende da che utilizzo hanno le tue foto. I principali da tenere in considerazione sono questi:

  • sRGB, se le immagini andranno solo sul web 
  • Adobe RGB ha una buona estensione, è diffuso e può essere il punto di partenza per poi fare le varie conversioni (se occorre)
  • Prophoto è un profilo ultra specialistico, ha tutti i colori (è la scatola di matite che ogni artista vorrebbe) e si usa in scenari di post-produzione spinta quando si ha bisogno di tutta la gamma cromatica, però devi essere molto esperto a fare correzioni colore importanti per usarlo. 
  • Image P3 (che corrisponde al Display P3 più sotto nel menu) è da tenere d’occhio. Attualmente quasi tutti i televisori – per esempio Samsung – cominciano ad avere quella specifica e anche i telefoni (iPhone ha un display P3). Le case costruttrici si stanno adeguando a questo tipo di standard per quanto riguarda i display. Probabilmente in futuro sarà il profilo consigliato e scalzerà anche l’sRGB sul web perché quando tutti i dispositivi con i quali guarderemo il web saranno Display P3, a quel punto l’sRGB sarà considerato riduttivo.

Quando su Photoshop si impostano le preferenze, ci sono molti altri profili tra cui scegliere…

Aprendo il menu a tendina (modifica > impostazioni colore > spazio di lavoro > RGB) ci sono tanti profili ma in realtà sono solo primi da prendere veramente in considerazione. Apple RGB e ColorMatch RGB sono molto vecchi, Photoshop li tiene per mantenere una certa retrocompatibilità. Tutti quelli sotto la riga di divisione sono più che altro o profili del monitor o video. I profili tra cui occorre scegliere sono i primi, quelli che ho appena citato.

Poi ci sono i profili di quadricromia (CMYK) e indicano che il ciano, il magenta, il giallo e il nero abbiano determinate caratteristiche quando si va in stampa. La sezione “Grigio” riguarda unicamente quando, elaborando l’immagine, si passa al bianco e nero impostando Immagine > Metodo > Scala di grigio. Quasi nessuno gestisce più il bianco e nero in quel modo. “Tinta piatta” si riferisce alla stampa con un colore solo con un Pantone.

Uscendo dalla definizione gestione del colore classica, c’è un elemento che influisce in modo decisivo sulla resa cromatica dello scatto ed è il bilanciamento del bianco. Puoi spiegare perché? 

Per capire bene l’importanza del bilanciamento del bianco, dobbiamo parlare del sole. Noi esseri umani percepiamo il mondo grazie alla luce solare che emette una certa frequenza e la fotografia (a partire dalla pellicola) è stata tarata su quel tipo di temperatura colore.

Altre fonti di illuminazione non riescono ad avere tutte le gamme cromatiche che ha il sole. Per esempio, le nostre lampadine a incandescenza hanno una dominante gialla e il neon emette una luce con una dominante verde. Per questo motivo, la macchina fotografica ha la funzione del bilanciamento del bianco che adatta la ripresa al colore delle varie fonti luminose aiutandole ad avvicinarsi alla temperatura colore del sole.

Come si misura la temperatura colore?

Per misurare la temperatura colore di una fonte luminosa si utilizzano i gradi kelvin. La luce al tungsteno ha 3200 gradi kelvin, la luce del sole circa 5500. Ma – attenzione – qua si complicano le cose. Riportare sempre tutto a 5500 gradi sarebbe riduttivo. I gradi possono cambiare se siamo a mezzogiorno in Italia oppure in un’altra ora ad un’altra latitudine perché i raggi solari hanno un’incidenza diversa. All’Equatore la temperatura cambia rispetto al Polo Nord e al tramonto o all’alba è diversa perché l’atmosfera filtra la luce.

Persino la luna cambia quando la vediamo bassa sull’orizzonte con una luce calda filtrata dall’atmosfera oppure in alto nel cielo quando è perpendicolare ed ha una luce più neutra.

Quali sono i tuoi consigli? 

Il bilanciamento del bianco è un’operazione fondamentale. Se scatti in Jpeg devi impostarlo in macchina perché l’immagine si forma subito, è come se facessimo già un pezzo della post-produzione. Se sbagliamo il bilanciamento è poi difficile recuperare. Scattando in RAW, invece, il bilanciamento del bianco non comporta un cambiamento della struttura e la qualità del file. Se si sbaglia, si può mettere a posto più facilmente in post.

Meglio, naturalmente, scattare già con il bilanciamento del bianco giusto perché il software che svilupperà quella immagine riceverà già i dati misurati in fase di ripresa e risparmierai tempo in post-produzione. In termini di qualità, col RAW se lo scatto è stato fatto erroneamente a 600 gradi kelvin e in post produzione lo rimetti a 4500 o 4800, ritorni esattamente al file che avresti ottenuto in fase di scatto con le impostazioni giuste. Con un file Jpeg non sarebbe possibile. O meglio, se la dominante non è molto importante si può riuscire a mettere a posto. Ma il Jpeg è un file finito già sviluppato e può soffrire di manipolazioni successive. Se hai sbagliato il bilanciamento del bianco in fase di scatto in Jpeg e la foto è davvero gialla, tanti saluti. L’immagine si spappola.

A cosa consigli di fare attenzione quando si scatta in RAW?

Le uniche cose che determinano un reale spostamento dei dati all’interno di un file RAW sono le impostazioni di scatto, quindi otturatore, tempo, diaframma e ISO (che può aumentare o diminuire il rumore). 

Ci sono situazioni, però, che sono abbastanza estreme e hanno bisogno di una particolare attenzione, per esempio quando si fotografa sotto la luce dei lampioni stradali. Si tratta di una luce molto calda che può arrivare anche a 2000 gradi kelvin.

La lunghezza d’onda trasmessa da un lampione stradale è talmente ristretta che anche nel RAW si può poi fare fatica a mettere a posto una dominante. In quei casi la cosa migliore è usare un filtro che raffreddi.

Il vecchio filtro blu 80A per la conversione tungsteno-daylight, per esempio, può riportare in ripresa i gradi kelvin ad un valore più alto e più simile alla luce solare permettendo alla macchina di registrare qualche informazione in più.

Ci sono altre cose a cui fare attenzione in fase di scatto?

L’esposizione. I sensori leggono più sfumature quando sovraesponi piuttosto che quando sottoesponi, meglio scattare più chiaro. Naturalmente facendo attenzione a non strappare i bianchi. E questo è proprio un punto critico: tanti fotografi, per paura di bruciare, sottoespongono e così facendo perdono informazioni. Chi vuole padroneggiare l’esposizione che tende al chiaro, può documentarsi sulla tecnica ETTR (Exposure To The Righ) che consiglia di esporre per la parte destra dell’istogramma perché si ottiene una quantità di dati maggiore.

Questo è il sito di Gianluca Catzeddu: www.gianlucacatzeddu.com


Nella seconda parte dell’articolo affronteremo lo sviluppo.



Enzo Dal Verme
Enzo Dal Verme è un fotografo conosciuto per avere ritratto celebrità come Donatella Versace, Laetitia Casta, Marina Abramovic, Bianca Jagger, Wim Wenders. Le sue immagini sono state pubblicate da Vanity Fair, l'Uomo Vogue, The Times, Marie Claire, GQ e tante altre riviste. I reportage scattati da lui sono spesso legati ad iniziative sociali, come la serie di ritratti di Eroi Urbani realizzati in Asia, Europa, America, Africa e Medio Oriente. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla fotografia ha diretto la sua agenzia di comunicazione. Ha poi insegnato comunicazione all’Istituto Marangoni di Milano e Londra, allo IED di Milano, all’Ateneo Impresa di Roma e al Sole 24 Business School di Milano. Dal 2011 insegna i suoi fortunati workshop di ritratto nel corso dei quali gli studenti allenano la propria sensibilità ed esplorano il rapporto tra fotografo e soggetto. Collabora con la società olandese Science Of The Times per le ricerche sulle evoluzioni delle mentalità finalizzate all’innovazione nella comunicazione. Alla sua attività di fotografo commerciale, affianca una programmazione di mostre con i suoi lavori più personali. Enzo ha esposto in diverse gallerie in Italia e all’estero e in alcuni festival tra cui Alrles. Ha pubblicato negli Stati Uniti il libro Storytelling For Photojournalists e in Italia Marketing Per Fotografi. Pubblica regolarmente su Tutti Fotografi degli articoli di approfondimento sulla professione del fotografo. Ama il tofu ?
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