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Zeiss Imaging Lab - Smontaggio del modulo fotocamera di vivo X60 Pro per i test di qualità Zeiss.

Zeiss Imaging Lab, come avviene la messa a punto degli smartphone vivo

Una chiacchierata con Oliver Schindelbeck – Senior Smartphone Technology Manager, Mobile Imaging, Zeiss Consumer Product – sulla collaborazione tra Zeiss e vivo e sullo Zeiss Imaging Lab.

Francesco Carlini | 2 Maggio 2022

Per i suoi smartphone di punta, leggasi quelli che un tempo erano chiamati “cameraphone”, vivo ha recentemente siglato una partnership con Zeiss con l’intento di portare i suoi top di gamma al vertice della qualità fotografica. Questo connubio sembra destinato a durare a lungo nel tempo, creando una sinergia molto simile a quella vista tra il produttore tedesco con Nokia e Sony.

Si sa, la scelta di uno smartphone al giorno d’oggi dipende sempre più dalle sue potenzialità fotografiche. Circa il 50% del pubblico acquista un top di gamma principalmente per le foto che riesce a regalare, secondariamente per la sua compatibilità con altri sistemi (ad esempio la domotica). Poi via via per tutti gli altri aspetti. Inizialmente l’incombenza degli smartphone sul segmento fotografico ha fatto storcere il naso alle aziende creando una sorta di “guerra” tecnologica; il motivo era da ricercare principalmente nella sottrazione di appassionati al mercato delle compatte, che in effetti è poi stato fagocitato molto velocemente dai “telefoni”.

A mio parere questa battaglia non ha mai avuto davvero ragione d’esistere, anzi sotto molti aspetti è stata controproducente per entrambe le realtà. La statistica vuole che una buona percentuale di utenti smartphone prima o poi passerà ad una fotografia più consapevole, che sia per fare il fotografo, il videomaker o il content creator. Inoltre si è perso terreno in termini tecnologici per uno sviluppo necessario della fotografia. Ad esempio la AI, gli algoritmi di intelligenza artificiale che tanto sono posti sotto i riflettori come vantaggio degli smartphone, la ritroviamo finalmente anche nelle fotocamere. Avremmo potuto vederla prima senza questa diatriba? Chi lo sa.

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Zeiss – Semiconductor Manufacturing Technology

Quello che è certo è che oggi il segmento smartphone e quello fotografico vanno d’amore e d’accordo, quasi a braccetto. I motivi sono da ricercare, come sempre, nei volumi di vendita e nel mercato. Siglare partenrship è quindi diventata una specie di nuova frontiera. Da una parte i produttori di smartphone riescono a certificare i loro device come ottime “compatte fotografiche”, dall’altra i big della fotografia hanno la possibilità di espandersi in un mercato che altrimenti sarebbe stato più difficilmente raggiungibile. Ma ora le cose stanno cambiando e queste partnership hanno il sapore di vere e proprie collaborazioni a quattro mani.

Per di più che anche i professionisti oggi utilizzano uno smartphone in alcuni casi, anche per lavori professionali. Non sono io a dirlo, anche se ne sono convinto, è una infografica di Statista. “Il 64% dei fotografi, residenti in Europa e Nord America, afferma di non scattare mai foto professionali con il proprio smartphone quando lavora con un cliente. Del 36% rimanente, il 24% confessa di utilizzarlo per meno della metà dei propri scatti e il restante 13% per almeno la metà. Molto probabilmente questa percentuale riguarda le classiche foto di backstage per il web e i social media (Reel, Stories ecc)”. Come a dire, ogni device ha le sue particolarità e il suo linguaggio.

Ma torniamo al tema centrale, la partnership tra vivo e Zeiss. In essere da circa un anno, dal lancio di quel vivo X60 Pro che provai neanche troppo tempo fa, questo accordo sembra sorgere su un terreno molto fertile destinato a dare frutti per molto tempo. Esiste un Imaging Lab curato dall’azienda tedesca; fornisce supporto per la progettazione e la sperimentazione delle microlenti che andranno ad essere montate sui prossimi smartphone. Insomma, sembra che dopo aver quasi abbandonato Nokia, Zeiss si stia accasando con vivo. Ma dietro a questa situazione c’è un secco “no comment” per cui di più non è lecito sapere. Discorso identico per la partnership con Sony che va avanti dal 1996. Anche qui i team di sviluppo sono separati (uno per smartphone e uno per ottiche) ma sulle dinamiche interne e le differenze rispetto a vivo stesso secco “no comment”. Beh, almeno ci ho provato!


Di tutto il resto invece ho parlato con Oliver Schindelbeck – Senior Smartphone Technology Manager, Mobile Imaging, Zeiss Consumer Product – durante una conferenza online svoltasi nei giorni scorsi.

Partiamo subito con il toglierci la prima curiosità: le lenti degli smartphone sono ovviamente costruite con materiali differenti rispetto a quelli delle ottiche. Le ragioni sono varie ma quella principale è che il materiale plastico, tipico dei dispositivi mobili, è più flessibile del vetro e permette costruzioni più complesse; inoltre l’utilizzo di lenti asferiche consente agli ingegneri di impilare in meno strati, riducendo (miniaturizzando) così le dimensioni.

La seconda curiosità a cadere è poi quella legata al nome Tessar. Il primo Tessar risale al 1902; utilizzava la tipica costruzione doppia gaussiana: due coppie di lenti costruite con vetri differenti poste una “di schiena all’altra”, una convergente e una divergente, in grado di ridurre le aberrazioni e la dispersione di luce. Questo tipo di obiettivo, il cui schema è tuttora utilizzato, fu il primo a rendere la fotografia “mobile” nel 900. Ai giorni nostri questa dicitura si staglia su ogni comparto fotocamera per smartphone sviluppato da Zeiss ma ovviamente lo schema interno è molto differente. Ma allora perché chiamarlo così? Perché le proprietà di controllo delle aberrazioni sono le medesime.

Sappiamo che per ottenere ottime immagini il fattore necessario è la luce. Se una fotocamera può contare su un sensore di grandi dimensioni, uno smartphone ha dei limiti fisici strutturali; per contenere le dimensioni della scocca è infatti necessario non superare 1″ di superficie sensibile, con la conseguenza di non poter “spingere” tanto con le focali che quindi non possono essere costruite con strutture troppo grandi e complesse. Stesso discorso per gli obiettivi: impossibile avere focali mostruose. La soluzione nel primo caso è stata quella di utilizzare la tecnologia Pixel Binning: fondere assieme le informazioni di più pixel per ottenere maggiore dettaglio. Nel secondo quella di sviluppare varie alternative, ultima delle quali lo zoom “a periscopio”, impropriamente chiamato ottico. In ogni caso le soluzioni si sono moltiplicate: dal primo 35mm F2.9 del 2004 si è arrivati al 28mm F1.7 del 2020. Gli step evolutivi sono stati tanti: nel 2016 il primo doppio obiettivo, un 28mm F1.7 e un 55mm F2.4, e nel 2020 la prima struttura a quattro ottiche con l’aggiunta alla focale standard di un 15mm F2.1, un 65mm F2.8 e un 90mm F2.8.

In ogni smartphone la costruzione interna varia dai 5 ai 9 elementi per obiettivo. La cosa più difficile da contrastare è quindi la dispersione di luce. La prima perdita sensibile, nell’ordine del 4%, avviene al primo impatto con la lente frontale; per contrastare questo fenomeno solitamente si utilizza un rivestimento (350 volte più sottile di un capello) con il quale questo valore scende allo 0.5%. La seconda perdita avviene all’interno: la luce che filtra tende a rimbalzare tra gli elementi e a creare bagliori interni, fenomeno solitamente chiamato “ghosting”. Per fare un esempio, con una costruzione a 5 elementi c’è il rischio di riflettere circa il 50% di luce che quindi non arriva al sensore. Ecco perché si tende ad aggiungere elementi ed arrivare a 9.

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Zeiss Immaging Lab – Misurazione del ritardo di scatto della fotocamera

Per poter arrivare a questi dati senza essere costretti a fabbricare tantissimi prototipi, e di conseguenza buttare via tantissimi materiali, gli ingegneri di Zeiss hanno creato una copia digitale delle lenti per capire come contrastare i riflessi prima di costruirle. Le “Digital Twin” incorporano i dati 3D delle superfici ottiche e meccaniche, tutte le loro caratteristiche (inclusi i rivestimenti) e i parametri spaziali quali la focale e l’apertura. Questo gli permette di identificare le problematiche, apportare i giusti rimedi e contenere i costi di produzione.

Successivamente quello dello Zeiss Imaging Lab è un lavoro svolto in tre step chiamato Validation Test:

  • EVT – Enginnering Validation – Test basilari sulle immagini
  • DVT – Design Validation – Test qualità hardware e software
  • PVT – Product Validation – Test finale

La parte più corposa è svolta durane l’EVT. Si eseguono più di 20 test sulla qualità dell’immagine (tra i quali risoluzione, distorsione, rumore, aberrazioni, gamma cromatica ecc) per un totale di oltre 5000 scatti eseguiti su ciascun prodotto prima dell’ok definitivo. È qui che Zeiss conduce le rifiniture per la color correction, verificati tramite color checker, sugli smartphone vivo; l’immagine prodotta dalla fotocamera, ottimizzata dal processore e rifinita dagli algoritmi deve essere il più possibile vicina a quella elaborata da occhi e cervello umano. Ovviamente qui non si parla di scatti con AI attiva, dato che ai colori accesi vengono preferiti quelli naturali.

Stesso discorso e medesima accuratezza per il bokeh, come sappiamo quello prodotto dagli smartphone è artificiale, non esistono device in grado di gestire un’apertura meccanica. Zeiss ha elaborato ben 3 effetti sfocato: Planar Style, Distagon Style e Sonnar Style. Tutti si rifanno ovviamente allo stile delle ottiche dai queli prendono il nome. Purtroppo però questi bokeh si possono apprezzare solo sulla serie X70. Su X60 Pro ce n’era però un’altro: Biotar Style. Questa gamma di smartphone in Italia non è mai arrivata per strategie di mercato; tra le due c’è un anno di differenza ma X60 è stato distribuito in Italia molto dopo il lancio e X70, importato in un lasso di tempo ravvicinato, lo avrebbe quasi certamente cannibalizzato. Resta che i futuri device vivo di sicuro avranno queste caratteristiche di sfocato..quindi questa si può considerare quasi un’anticipazione.

Francesco Carlini
In primis appassionato di fotografia, dal 2008 faccio parte del team di Editrice Progresso, storica casa editrice italiana fondata nel 1894, e gestisco il sito www.fotografia.it. Al lavoro redazionale e giornalistico nel corso degli anni ho affiancato il lavoro di prova dei prodotti e delle misurazioni di laboratorio riguardanti fotocamere, obiettivi e smartphone.
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