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Fotografia.it

Selfie-stick: come nel mondo ne stanno vietando (a ragione) l’utilizzo

Sta diventando un caso in America, e forse lo diventerà anche in altri Paesi, l’utilizzo del selfie-stick nei musei.

Francesco Carlini | 17 Febbraio 2015

Il selfie-stick non è altro che un bastone allungabile con al vertice una staffa per sorreggere uno smartphone, al quale è collegato via Bluetooth, che permette di eseguire autoscatti diciamo “più panoramici” e che quindi contestualizzano meglio la foto e il luogo dove viene scattata. Tutto questo, almeno negli States, potrebbe non essere più permesso a breve.

Sì, non sono gli States ma Dubai

Sì, è Dubai

Che sia infatti “da turisti”, o perlomeno fastidioso, è un dato di fatto. Ma questo “bastone” ha anche favorito la pioggia di immagini che hanno invaso i social network come Instagram o Facebook, facendo guadagnare ai musei un po’ di visibilità 2.0 (che al giorno d’oggi serve sempre) e, forse, qualche visitatore in più.

Insomma, da una parte vanno bene gli autoscatti, dall’altra non va bene questo aggeggio.

Chiariamo poi subito una cosa: che nel 2015 sia un selfie-stick ad invogliare (per moda) i giovani ad entrare in un museo..beh, è davvero molto triste.

Ma come mai sarà vietato? Una risposta è arrivata da Sreenath Sreenivasan, Chief Digital Officer del Metropolitan Museum of Art di New York, ed è incentrata sulla questione degli spazi personali: “Una cosa è fare una foto a mano libera, ma quando si usa un bastone che misura tre volte la lunghezza del braccio si sta invadendo lo spazio personale di qualcun altro”. Altro grande problema, sempre per Sreenivasan, è il Tempio di Dendur che è situato in un vasto salone e parzialmente circondato da una vasca piena d’acqua dove “qualcuno potrebbe caderci dentro”. Ma lo spazio non è l’unico problema paventato. A queste affermazioni fa eco anche un altro problema, quello della tutela delle opere: “Non vogliamo mettere tutta l’arte sotto vetro, per questo probabilmente stamperemo delle linee guida” ha detto Deborah Ziska, Chief of Public Information alla National Gallery of Art di Washington.

Non è vietato però solo al Met e alla National, anche al Boston Museum of Fine Arts, al Cooper-Hewitt Design Museum, al Beacon Museum e all’interno del California Getty Center e della Getty Villa.

E soprattutto non solo in America, anche in Australia hanno già provveduto ad eliminare il problema dalla National Gallery of Victoria, dalla National Gallery of Australia a Canberra e dalla National Portrait Gallery.

Quindi, senza girarci attorno, è palese quale sia il problema: non l’oggetto in sé, ma chi lo brandisce, la persona. Ma siccome non si può valutare la coordinazione di tutti coloro che vogliono entrare in un museo come il Met prima che finiscano nella vasca del Tempio di Dendur, è meglio bannare l’oggetto.

Anche perché in ogni museo (almeno all’estero)  troverete di sicuro scritte come: Photography is encouraged.

Quindi largo alle macchine fotografiche, agli smartphone e, purtroppo, anche a chi scatta con un iPad.

Francesco Carlini
In primis appassionato di fotografia, dal 2008 faccio parte del team di Editrice Progresso, storica casa editrice italiana fondata nel 1894, e gestisco il sito www.fotografia.it. Al lavoro redazionale e giornalistico nel corso degli anni ho affiancato il lavoro di prova dei prodotti e delle misurazioni di laboratorio riguardanti fotocamere, obiettivi e smartphone.
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