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Fotografia.it

E’ morto l’artista Franco Vaccari

Redazione fotografia.it | 12 Dicembre 2025

Questa mattina ci siamo svegliati con una fonte di luce in meno: ci ha lasciato Franco Vaccari, artista tra i più importanti delle neoavanguardie storiche dell´arte.

Dopo gli studî di fisica, intraprende all’inizio degli anni Settanta un percorso artistico che lo porterà a più riprese alla Biennale di Venezia (1972, 1980, 1993, 1995).

Era docente di Iconografia fotografica al Politecnico di Milano. Autore, nel 1979, del saggio dal titolo Fotografia e inconscio tecnologico, attraverso le sue installazioni, composte da immagini anodine, Franco Vacari si interrogava sul valore e la consistenza del segno fotografico nella società dell’informazione.

La sua prima personale è ospitata alla Galleria dell’Elefante di Venezia già nel 1966, ma la sua ricerca diviene importante e analitica traccia nei libri di storia dell´arte a partire dagli anni  Settanta.

Direbbe Landolfi che “non si fa fotografia con la fotografia”, ma lui ci è riuscito con la famigerata esposizione che si chiamava “Fotografia in Tempo Reale”: fotografie fatte da un dispositivo asettico come quello di una cabina per fototessere piazzata nel padiglione della Biennale di Venezia nel ´72 con il coinvolgimento delle persone (il cosiddetto pubblico, come si usava molto fare in quegli anni),  che dopo essersi fatte le foto instant le appiccicavano al muro di fianco la cabina. Creando un gigantesco mosaico “della fotografia!”.

Questa sua importante opera divenne poi il banco di studio per la creazione del suo più importante saggio: Fotografia e inconscio tecnologico (Punto e Virgola, Modena, novembre 1979).

Sempre in quel periodo è l´opera Camions, in cui vi è scritto di pugno dall´artista come annotazione:

“In un viaggio di 800 Km ho fotografato sistematicamente i camions che si spostavano nella mia stessa direzione; ho così cercato di usare la fotografia per vedere quello che non sapevo.” In una composizione di immagini che rimandavano all´atto, all´intento, al tempo e alla progettualità insita della prassi del fotografare.

Come lo era in forma più poetica e narrativa, di influsso della narrative art, Viaggio sul Reno:

“Negli anni Settanta, all’interno dell’ideologia hippy, c’era l’idea mitologica del viaggio in paesi lontani, nell’estremo oriente, soprattutto in India. Io trovavo che questo culto per l’oriente non era altro che un impulso turistico, un malcelato consumismo culturale.
Sono sempre stato interessato a concentrare la mia attenzione su spazi che possedevo fisicamente, come appunto la mia città. Così, un po’ in polemica con la mitologia dei viaggi esotici di allora, ho cominciato a costruire i miei viaggi minimi.
Questo è il Viaggio sul Reno. Nel 1974, con tre amici, mi sono imbarcato sulla nave da crociera “France” e ho percorso il Reno. Era una situazione strana, quasi claustrofobica. ”
(Franco Vaccari)

L´opera del maestro Vaccari non è tanto ascrivibile (termine usato abbondantemente e in modo liquidatorio) a quell´area Americana-Francese dell´arte concettuale (genere d´arte di fine anni Sessanta in cui si tendeva a ridurre l´opera in forma monosemica o gnoseologica), ma degna erede della ricerca del DADA (movimento artistico nato a Zurigo nel 1916): vera fonte di tutta la ricerca artistica contemporanea, in cui si mettono in questione valori quali l´autorialità (l´autore quale demiurgo di reminiscenza clericale), la finitezza semantica, la critica, l´intenzionalità, l´intero linguaggio e anche la mercificazione di un prodotto che non potrà mai essere consumato: l´arte. Tutto questo con uno scopo: non tradire la vita.

Le opere di Franco Vaccari restano per sempre, ma solo per chi si fa prossimo a quella bellezza di nome Ricerca Artistica.

Giuseppe Ferraina

Redazione fotografia.it
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