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Fotografia.it

Emilia-Romagana al lavoro

Redazione fotografia.it | 8 Giugno 2016

Ancora una volta la Fondazione MAST va fiera di una mostra incentrata, come sempre, sul lavoro e sull’industria e su come i cambiamenti decennali all’interno di questo mondo abbiano modificato, inevitabilmente, l’intera struttura produttiva rivoluzionando i rapporti di collaborazione, l’architettura delle aziende, il territorio circostante e gli stessi macchinari. Ma stavolta lo spazio geografico preso in esame è la sola regione Emilia Romagna, una delle più alacri, produttive e creative d’Italia.

Con oltre 200 immagini di fotografi famosi e un video documentario realizzato da Francesca Zerbetto e Dario Zanasi intitolato ‘Le radici dei sogni – L’Emilia Romagna tra cinema e paesaggio’, MAST propone una riflessione intelligente, arguta e in alcuni punti persino malinconica su un passato recente che sopravvive a stento. Da Bologna a Parma passando per la Via Emilia – che è proprio il tema dell’undicesima edizione del festival reggiano Fotografia Europea 2016 – le opere di tanti artisti di pregio (Paola De Pietri,Carlo Valsecchi, William Guerrieri, Guido Guidi, Olivo Barbieri, Walter Niedermayr, Tim Davis, John Gossage, Bas Princen, Gabriele Basilico, Enrico Pasquali, Franco Vaccari, Lewis Baltz, Simone Donati e Marco Zanta) testimoniano le modifiche sconcertanti avvenute nei settori trainanti dell’economia emiliana: la meccanica, la ceramica, l’alimentare e la piccola impresa. Immagini alle quali è stato affidato – come dice il curatore Urs Stahel – il compito di raccontare la scomparsa di fabbriche leggendarie e di agglomerati memorabili di cui si è persa traccia. Ed ecco, tra le varie novità, l’avvento di sistemi produttivi talmente tecnologici da sembrare già roba del terzo millennio; l’ascesa di nuove aree del terziario avanzato ad allungare, sconfinando, il paesaggio tradizionale dei nostri nonni; la costruzione futuristica di nuove linee ferroviarie TAV veloci come il tuono (si veda la stazione Mediopadana a Reggio Emilia); le code incredibili nei centri commerciali divenuti, nel weekend, meta agognata dell’emiliano medio. C’è chi applaude il salto nella velocità di un oggi dinamico uguale ovunque, e chi maledice codesta globalizzazione monocorde, senza radici. Un dualismo che è ben giocato dalle fotografie di contrapposti concetti, che appositamente son state appese vicine in parete così da suscitare un sussulto: gli attrezzi costruiti da prestigiose officine del 1900, ad esempio, cedono il posto a marchingegni ingegneristici digitalizzati; gli operai bolognesi in tuta bisunta son rimpiazzati da robot instancabili che eseguono comandi in lingua inglese; il brusio di una manodopera ciarliera azzittito dal silenzio innaturale di ambienti pastorizzati abitati da statistiche, algoritmi, proiezioni.

Chissà come commenterebbe tale capovolgimento di cose il mitico Federico Fellini, che questa terra la amava. Probabilmente in dialetto, con una battuta sorniona. Fatto sta che il suo Grand Hotel di Rimini è ancora lì, intatto. Come del resto il corso del Po. Cristina Franzoni

‘Ceramica, latte, macchine e logistica’
FOTOGRAFIE DELL’EMILIA-ROMAGNA AL LAVORO

MAST Gallery, Bologna
fino 11 settembre 2016

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