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Fotografia.it

Ritratto in interni: questioni di messa a fuoco ed esposizione

Il make-up curato e l’ambientazione da studio fanno pensare a una foto posata, ma è comunque un bel ritratto.

Eugenio Tursi | 25 Maggio 2020

© Tom Marvel

Il make-up curato e l’ambientazione da studio fanno pensare a una foto posata, ma è comunque un bel ritratto. L’inquadratura non privilegia lo sguardo di nessuna delle tre ragazze, l’autore avrebbe potuto impegnarsi maggiormente nella messa a fuoco e nell’esposizione che è perfetta solo sulla ragazza più arretrata. E non stiamo parlando di un mezzo diaframma.
Nonostante la chiusura a f/8 la profondità di campo del 90mm impiegato appare molto limitata. Il motivo? È stato usato un corpo macchina medio formato! Aumentando infatti la dimensione del sensore la focale assume valori “più grandangolari” rispetto al Full Frame e ciò comporta la necessità di avvicinarsi al soggetto per riempire il fotogramma, come in questo caso. Diminuendo la distanza tra fotocamera e soggetto, tenendo fissa la focale, la profondità di campo scende drasticamente. In generale il medio formato, nel ritratto, consente un eccellente controllo della tridimensionalità della scena e del bokeh, ma va saputo usare.
Questo effetto è facilmente verificabile con gruppi di persone disposte su piani diversi. Tenete presente che non è scontato che, mettendo a fuoco le prime file, anche le altre siano ben a fuoco. Diaframma, focale, distanza di ripresa e formato del sensore sono tutti elementi che contribuiscono al risultato.
Consideriamo ora l’esposizione. Il contrasto sulle due modelle ai lati ha risentito della loro sfocatura; potete notare come nei dettagli fuori fuoco il contrasto sia inferiore rispetto a quelli perfettamente nitidi. Oltre a ciò, è ovvio che la ragazza più arretrata debba fare i conti con l’ombra proiettata dalle altre due. Il calo di luminosità dipende anche dalla fonte di illuminazione posta vicina al gruppo; basta poco, se l’illuminatore è a un paio di metri di distanza rispetto al gruppo, basta trovarsi un metro più indietro rispetto ai primi perché la differenza di luce sia rilevante. Detto ciò, è evidente questa differenza di esposizione tra le ragazze sia eccessiva.
Pur non essendo la regola, è più facile verificare questo tipo di effetto con le luci artificiali rispetto a quando si lavora in luce ambiente. O meglio, ciò accade per la posizione dell’illuminatore. Il mio suggerimento è di sfruttare, inizialmente, le opportunità offerte dalla luce ambiante, per poi introdurre luci di riempimento, o un pannello riflettente.

1- La gestione di esposizione e composizione ha reso ben nitido lo sguardo della ragazza, che finisce per diventare punto di riferimento nella lettura dell’immagine.

2- Eccessiva la sovra-esposizione della ragazza per la posizione troppo ravvicinata dell’illuminatore.

3- La leggera sfocatura dipende dalla ridotta profondità di campo per l’impiego del medio formato, che rende più critica la messa a fuoco ravvicinata.

Eugenio Tursi
Nato a Firenze nel 1974, ho fatto tutto al contrario. Dia prima, camera oscura dopo. Prima dell'Hasselblad avevo già la digitale. Ho imparato da Alpino, frequentando ed insegnando poi in scuole di fotografia milanesi. Scrivo dal 1999, mi laureo in Informatica e ricollego il tutto alla fotografia digitale. Faccio anche il fotografo freelance oltre a coordinare Progresso Fotografico che conobbi nel 1995. Mi hanno insegnato 'qualcosa’ Leonardo Brogioni, Roberto Signorini, Gerardo Bonomo.
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